LA SALA CINEMATOGRAFICA
VISIONI METACINEMATOGRAFICHE
Nei decenni non si è evoluta solo la struttura della sala cinematografica, ma si è anche trasformata la visione della sala stessa all’interno dei film. Nascono opere che giocano con il luogo stesso del cinema, ponendo delle riflessioni su di esso. L’arte che racconta sé stessa trova la sua origine nel Rinascimento. In tutti i suoi campi inizia a riflettere su di sé e sui propri autori, fino a diventare parte integrante della produzione artistica. Questo porta a sfruttare tutte le possibilità del mezzo, a sdoganare gli artifici, sviluppandosi ampiamente anche ai giorni nostri. Metanarrazioni, flashback e flashforward, parodie, citazioni e biopic, queste sono le sperimentazioni sulle quali l’utilizzo del cinema mette le radici, portando i concetti di storia e immagini senza suono ad un nuovo livello, ovvero andando a rompere sempre di più quella distanza tra realtà e finzione, inserendo lo spettatore nello sviluppo. Vi è un titolo in particolare da prendere come punto riferimento quando si parla della figura della sala cinematografica all’interno del cinema stesso: Buster Keaton e il suo Sherlock Jr. (tradotto in italiano come Palla n°13 o Calma signori miei!).
Keaton è figlio d’arte del varietà, acrobata, regista e attore. Noto anche come “faccia di pietra”, per la sua espressione neutra, sempre in conflitto tra comicità e tragicità degli eventi. Con la sua genialità lavora sull’inganno del cinema che ci fa tendere a prospettive diverse. In particolare nella “sequenza del sogno”, in cui Buster Keaton entra letteralmente all’interno di uno schermo cinematografico, descritta in questo modo dagli sceneggiatori di Keaton:
“Per riuscire a fare quel che vuoi fare, dev'essere un proiezionista di un cinema in un paesino di provincia che si addormenta dopo aver fatto partire il film. Una volta addormentato, sogna di essere uno dei personaggi del film che sta proiettando. Esce dalla cabina di proiezione, arriva sullo schermo e ci entra dentro. A quel punto può partire la
storia che vuoi raccontare. Il problema […] era quello di dare l'illusione che un film venisse proiettato sullo schermo e contemporaneamente dare la possibilità a Keaton di entrarci dentro. Lui e Gabourie avevano costruito sul set una sala cinematografica con un grande schermo. Dietro lo schermo, poi, c'era un altro set, lo stesso in cui erano ambientate le
scene che si vedevano sullo schermo, illuminato con la tipica illuminazione cinematografica. I cambi di scena sullo schermo venivano realizzati chiedendo a tutti gli spettatori (ma anche a Keaton) di restare immobili mentre il set veniva cambiato. Naturalmente ci sono dei salti, la gente non sta mai esattamente ferma, ci sono anche dei cambi di luce, ma non si nota molto. Noi ci accorgiamo soltanto del fatto che la scena è cambiata mentre Keaton è rimasto fermo allo stesso posto.”
Quarta Parete stessa, come progetto, muove i primi passi proponendo una riflessione e visione personale sul cinema che racconta il cinema. Per un cineforum la visione dei film all’interno della sala cinematografica stessa, è il modo migliore per proporre un percorso di film pensato per accompagnare il pubblico nella storia dell’evoluzione della settimana Arte. Il primo film proposto fu The Artist, opera del 2011 diretta dal regista francese Michel Hazanavicius. L’opera si presenta come una riflessione sul cinema muto, ambientato nel 1927 (anno di avvento del cinema sonoro), con vari richiami (o omaggi) al cinema di una volta,
quello delle origini. Il film si presenta come una pellicola muta, raccontata attraverso i cosiddetti “cartelli”, (porzioni di fotogrammi in cui è presente una breve descrizione dell’azione o di un dialogo). Il grande schermo racconta il cinema e le sue origini.
Abbiamo film dove la sala cinematografica diventa simbolo di una generazione, di un grido di ribellione e richiamo al ’68. Parliamo in particolar modo di The Dreamers, opera del 2003 del grande maestro Bernardo Bertolucci. Lasciando sullo sfondo le rivolte studentesche di Parigi del 1968, il cinema e la sala diventano parte integrante del film, caratterizzando i tre protagonisti, i quali con forti richiami (volutamente espliciti) al movimento cinematografico della Nouvelle Vague francese degli anni ’50, passano le loro giornate chiusi all’interno delle salette dei piccoli cinema gestiti dagli studenti. I classici cineforum che conosciamo tutti, ma che il regista rappresenta come forme di integrazione culturale e intellettuale per le nuove generazioni.
La sala cinematografica può anche essere un luogo in cui isolarci dal mondo esterno, rimanendo solo noi e lo schermo, permettendoci di fantasticare su ciò che stiamo vedendo, magari addirittura arrivare a compromettere la nostra visione per dare sfogo più alla nostra immaginazione. Lo sa bene Travis Bickel (interpretato da un magistrale e giovanissimo Robert De Niro), protagonista del capolavoro di Martin Scorsese, “Taxi Driver”. In una sequenza del film, De Niro si trova all’interno di una sala mentre guarda un film. A noi pubblico non è concesso vedere cosa il protagonista stia guardando, ma lo osserviamo che compie dei gesti con le mani davanti al suo viso. Come se immaginasse di compiere delle modifiche sullo schermo e all’interno del film che sta guardando.
Lo schermo diventa quindi nostro amico e nemico, amante e complice. Come nel caso de “La rosa purpurea del Cairo”, film del 1985, per la regia di Woody Allen, dove in una scena possiamo osservare una giovane Mia Farrow letteralmente innamorata di un personaggio cinematografico che, in modo totalmente surrealista, “esce” dallo schermo e si rivolge direttamente a lei.
La sala cinematografica diventa anche luogo di insegnamento, gioco e conoscenza. Come in “Nuovo Cinema Paradiso”, capolavoro di Giuseppe Tornatore, premiato con l’Oscar a miglior film in lingua straniera nel 1989. Nel film, senza raccontare troppo della trama, vediamo il protagonista, ancora bambino, rimanere affascinato dal proiettore, dalla pellicola cinematografica e dal grande schermo, i quali saranno gli strumenti con i quali imparerà a conoscere il mondo.