Le azioni nazionalistiche
Un aspetto di grande rilievo della politica economica seguita all'indomani della liberazione fu rappresentato dalle nazionalizzazioni che interessarono molte importanti imprese. Come rilevano Dupeux (1979) e Longobardi (1988), un'azione di così vasta portata fu resa possibile dalla sussistenza in seno alla maggioranza di governo d'un'ampia convergenza sulla sua opportunità, sebbene ovviamente questa venisse motivata in modo diverso a seconda degli orientamenti politici (instaurazione d'una democrazia economica, difesa dell'interesse generale contro quelli particolaristici, rilancio dell'economia, rafforzamento della sovranità nazionale, punizione degli imprenditori che avevano collaborato con gli occupanti nazisti).
L'intervento dello stato interessò fondamentalmente il settore finanziario, energetico e dei trasporti. Furono nazionalizzate la Banque de France, le quattro più importanti banche di deposito e le principali compagnie assicuratrici; le miniere di carbone, parte dell'industria carbonifera e petrolifera, le imprese di produzione e distribuzione di elettricità e gas (e in più fu riservato allo stato il futuro sfruttamento delle applicazioni civili del nucleare); le compagnie aeree e di navigazione.
In questo modo lo stato si assicurò il controllo di settori fornitori di servizi di capitale importanza, dei quali occorreva assicurare lo sviluppo per garantire quello dell'industria. Quest'ultima invece rimase affidata all'iniziativa privata, con la sola notevole eccezione dell'azienda automobilistica Renault, in ragione dell'accusa di collaborazionismo mossa al suo titolare.