Cosa successe in Francia?
Per la Francia il bilancio del secondo conflitto mondiale fu pesantissimo. Secondo Dupeux (1979), difatti, se le perdite umane risultarono inferiori a quelle della guerra del 1914-18, le devastazioni materiali furono assai superiori. Nelle fasi in cui il paese fu pienamente coinvolto nelle vicende belliche ingenti distruzioni interessarono le aziende agricole, gli impianti industriali, i porti, le infrastrutture e la flotta mercantile; mentre nel lungo periodo dell'occupazione tedesca esso subì cospicue requisizioni di prodotti agricoli, materie prime e mezzi di trasporto. Alle perdite materiali si sommarono gli oneri finanziari derivanti sia dalla guerra, sia dall'occupazione.
Come già era accaduto dopo 1918, dopo il 1945 la Francia attraversò una fase di disordine finanziario. Per procurarsi le risorse necessarie al finanziamento della guerra, il governo aveva fatto ricorso alle entrate fiscali in misura maggiore che al tempo del precedente conflitto; ma le spese che aveva dovuto affrontare erano state tali da richiedere ugualmente un massiccio ricorso all'indebitamento. Si ripeterono così gli eventi d'un trentennio addietro: la dilatazione del debito pubblico causò quella della massa monetaria circolante; e questa provocò, una volta venuto meno il blocco dei prezzi e dei salari, una devastante inflazione, con conseguente incremento del costo della vita e svalutazione del franco.
Quest'ultimo fenomeno non fu d'aiuto all'economia, in quanto l'industria francese, avendo perso parte consistente della propria capacità produttiva, non poté approfittare della situazione per accrescere le proprie esportazioni; in effetti, esso le arrecò addirittura un danno ulteriore, in quanto rese più costose le importazioni agricole e manifatturiere di cui il paese in quel momento aveva grande bisogno.
Questi problemi, comunque, non impedirono che la ricostruzione dell'economia nazionale venisse prontamente riavviata. La ripresa delle attività produttive avvenne difatti a velocità tale che, tra la fine del 1945 e la fine del 1946, il numero dei disoccupati scese da 600.000 a 10.000. Il fabbisogno di forza lavoro crebbe così tanto da rendere necessario addirittura l'impiego in agricoltura dei prigionieri di guerra e un largo afflusso d'immigrati.