LA SALA CINEMATOGRAFICA
LA SALA CINEMATOGRAFICA COME INVENZIONE
dalla monovisione alla sala
Qual è il luogo preposto alla visione di un’opera filmica? Questa domanda, all’apparenza scontata
perché viziata dalle mode e dalle abitudini che il tempo ha radicato nella società, è al centro di un
dibattito che, soprattutto in questi ultimi anni, sta interessando l’industria cinematografica in modo
verticale, dai produttori agli esercenti delle sale cinematografiche, dalle case di distribuzione ai
registi, dai film festival alla critica. Tuttavia, il quesito ha un’origine antica poichè solleva dubbi,
proposte e soluzioni diverse fin dai tempi della nascita del cinema.
E’ importante sottolineare che l’arte cinematografica non fa la sua comparsa improvvisamente un
giorno a ridosso della fine del Diciannovesimo secolo, ma la rincorsa alla “cattura” del movimento
percorre tutto l’Ottocento e anzi, il primo strumento in grado di simulare un’animazione fu la
lanterna magica utilizzata fin dal 1600 negli spettacoli teatrali di fantasmagorie. Un film, infatti, altro
non è che una sequenza di immagini riprodotte ad una velocità tale per cui la sequenza proposta
venga percepita come animata.
Questo semplice concetto interessò gli studi e gli sforzi di intellettuali, artisti e imprenditori capaci di giungere a risultati diversi costruendo e brevettando strumenti in grado di restituire la sensazione del movimento. Marchingegni quali il prassinoscopio, lo zootropio, il fenachistoscopio sfruttavano il fenomeno della persistenza retinica per il quale, quando vengono mostrate delle immagini in rapida successione,
il nostro cervello percepisce un’azione continua. Il
cinema, tuttavia, perché possa considerarsi tale,
necessita di altri presupposti come l’utilizzo
della fotografia per riprendere le immagini su una
superficie chiara (gli strumenti precedentemente
citati si servivano di disegni e non immagini fotografiche)
e che le fotografie vengano impressionate su una base
flessibile perché potessero scorrere a intermittenza e
automaticamente attraverso una macchina da presa.
Il kinetoscopio, costruito nel 1888 dall’inventore e imprenditore americano Thomas Alva Edison, possedeva queste caratteristiche (utilizzava la pellicola 35 mm con quattro perforazioni ai lati di ogni fotogramma in modo che le ruote dentate della macchina potessero trascinare la pellicola) e si candidava ad essere l’attrazione del secolo. Tuttavia, l’apparecchio consentiva la visione del film (si puntualizza che si trattava sempre di un filmato di pochi secondi) a una sola persona per volta in quanto lo spettatore poteva godere dello spettacolo attraverso uno spioncino all’interno del quale la pellicola scorreva intorno a una serie di rulli, azionando il meccanismo inserendo una moneta. A inventare il cinema come lo conosciamo oggi, sfruttando la pellicola 35 mm, offrendo una visione d’insieme grazie alla proiezione dell’immagine su una superficie, furono i Fratelli Lumiere con il cinématographe. La loro macchina sbaragliò la concorrenza degli altri competitors poichè offriva uno spettacolo inedito, innovativo, capace di scatenare meraviglia negli animi degli spettatori i quali si riunivano in uno spazio comune per godere dell’evento. La prima proiezione dei Lumiere risale al 22 marzo 1895 a Parigi, mentre la più famosa proiezione della storia avvenne il 28 dicembre 1895 (data con cui, convenzionalmente, viene fatta coincidere la nascita del cinema) presso Salon Indien del Grand Café di Parigi in Boulevard des Capucines 14, giorno in cui la macchina da loro brevettata, il cinématographe, proiettò ad una platea pagante una decina di film dalla durata di pochi secondi, come La Sortie de l'usine Lumière o lo sketch L'arroseur arrosé, tutti a inquadratura unica e fissa, per uno spettacolo della durata di circa venticinque minuti complessivi. Il cinema, l’arte che riuscì a imbrigliare, per prima, il movimento e riprodurre la realtà, finalmente sorgeva e, in pochi anni, divenne l’attrazione commerciale per eccellenza in Europa e in America.
Da questa breve introduzione, è evidente che gli inventori dell’epoca non si erano posti il problema di indicare un luogo esclusivo per la visione filmica: durante i primi anni infatti, le proiezioni avvenivano nei posti più disparati come teatri di varietà, teatri d’opera, presso parchi divertimento, durante le fiere e nei luoghi di villeggiatura allestendo alla buona delle impalcature, persino nelle chiese o in alcuni negozi trasformati, per l’occasione, in piccole sale. Ciò che non poteva mai mancare erano il proiettore e una superficie mediamente larga e possibilmente bianca, su cui fosse possibile fruire il film. Complice una visione maggiormente imprenditoriale e industriale per quel che concerne gli sviluppi della settima arte, fin dai primi anni del Novecento gli Stati Uniti si impegnarono a organizzare analiticamente la macchina del cinema sia da un punto di vista produttivo che distributivo. Tra il 1905 e il 1912 si verificò un notevole aumento degli spazi preposti alla fruizione cinematografica, vennero infatti organizzati per tutto il paese dei magazzini dalla capienza di circa duecento posti a sedere e l’entrata costava un nickel: sorgevano così i nickelodeons, considerati il primo spazio coperto adibito esclusivamente alla fruizione filmica. Gli esercenti, che noleggiavano le pellicole dalle diverse case di distribuzione, avevano così la facoltà di organizzare una programmazione settimanale offrendo al pubblico la possibilità di scegliere fra diversi titoli.
Molto spesso, le proiezioni godevano di un accompagnamento sonoro offerto dal suono registrato emesso da un fonografo, posizionato all’interno della sala, oppure da un’orchestra, una band o un singolo musicista, affinché l’esperienza filmica risultasse piacevole e soddisfacente. In particolar modo, nell’America dei Roaring Twenties, venivano frequentemente ingaggiati musicisti di colore che suonavano musica jazz, il genere musicale all’epoca più popolare fra i giovani americani. L’accompagnamento con musica dal vivo, nel corso degli anni, divenne un’abitudine consolidata durante l’esperienza cinematografica: i musicisti erano soliti suonare brani musicali tratti, spesso, dall’opera oppure era abitudine comporre preventivamente un pezzo inedito adatto al film che sarebbe stato proiettato, mentre era meno frequente l’improvvisazione durante lo spettacolo. La musica dal vivo aveva la funzione, oltre a quella di coinvolgere maggiormente il pubblico soprattutto dal punto di vista emotivo, anche quella di coprire il fastidioso rumore del proiettore in azione, consentendo quindi un’esperienza maggiormente immersiva. Molto spesso, inoltre, erano i nomi dei musicisti ingaggiati, come Louis Armostrong e Fats Waller, già all’epoca molto famosi, ad attirare l’attenzione del pubblico che sceglieva, in questo modo, a quale spettacolo assistere. Accadeva che i nickelodeons noleggiassero più di quattrocento titoli all’anno per soddisfare la domanda sempre crescente costituita soprattutto da immigrati.
Lo sai che?
I fratelli Warner partirono come gestori di nickelodeons, così come Carl Laemmle, il futuro fondatore della Universal, che aprì il suo a Chicago nel 1906. Anche Loius B. Mayer (una delle M della MGM) gestiva un piccolo cinema nel Massachussets.
Complice un’Europa sconquassata dalle conseguenze della Prima Guerra Mondiale, negli anni Venti gli Stati Uniti godettero di un periodo d’oro caratterizzato soprattutto da un’economia in forte espansione e anche l’industria cinematografica ne risentì positivamente, tant’è che tra il 1922 e il 1930 le somme di capitale investito in essa aumentarono da 18 a 850 milioni di dollari; aumentò considerevolmente anche l’affluenza nelle sale, toccando l’apice nel 1928 quando si registrarono 80 milioni di spettatori. È proprio l’ingente affluenza di pubblico che spinse le grandi società americane dell’epoca (la Paramount-Publix, la MGM e la First Nation, dette le Tre Grandi) ad adottare una struttura di tipo verticale: esse, infatti, si impegnarono non solo nella produzione e nella distribuzione dei propri film, ma anche nel controllo delle sale in cui i loro titoli venivano proiettati.
Le fonti di guadagno, di conseguenza, si moltiplicarono e ciò rese spietata la concorrenza a Hollywood. Inoltre, per poter controllare anche le sale di cui non erano proprietarie, le società sfruttarono il sistema di block booking per il quale costringevano gli esercenti, interessati a noleggiare le pellicole di maggior richiamo, ad inserire nella programmazione settimanale anche titoli meno altisonanti. Questo fatto innescò una corsa al rinnovamento delle sale, perché potessero attirare il maggior numero di clienti: le società si impegnarono a renderle più sfarzose e sempre più grandi; alcune sale offrivano programmi aggiuntivi rispetto al film principale, come la trasmissione di cinegiornali, brevi sketch comici, intermezzi orchestrali, numeri musicali e spettacoli teatrali. L’intento era quello di allestire un ambiente lussuoso, capace di imitare i grandi teatri ottocenteschi con lampadari, cupole e balconate arricchite da stucchi e dorature. I “palazzi del cinema”, come venivano chiamati, non erano un’esclusiva americana, anzi anche in Europa queste nuove architetture videro la luce, nobilitando il cinema, dal punto di vista sociale, al pari delle altre arti.
L’avvento del sonoro a ridosso degli anni Trenta del Novecento [il primo film ad essere riconosciuto come sonoro è The Jazz Singer del 1927, diretto da Alan Crosland, data la presenza di alcune sequenze dialogate e cantate], comportò un ulteriore cambiamento nella struttura delle sale. Se il cinema muto presupponeva uno spazio, all’interno della sala, per i musicisti che suonavano commentando le immagini filmiche proiettate sullo schermo, i film sonori non necessitavano più di alcun accompagnamento musicale dal vivo; gli esercenti, quindi, ebbero l’occasione di sfruttare lo spazio precedentemente occupato dall’orchestra per altri scopi.
LA SALA CINEMATOGRAFICA COME LUOGO
dalla nascita dei multisala all'home video
Dall’invenzione delle prime sale cinematografiche spesso ci sembra che nulla sia cambiato e che la sala come tutti la conosciamo sia sempre la stessa. In realtà dai “palazzi del cinema” alle sale degli UCI Cinema i cambiamenti sono stati molteplici. Le sale sono divenute testimonianze delle diverse fasi di perfezionamento, dei suoni e delle immagini, che l’industria cinematografica ha attraversato, adattandosi alle vicende storiche, ai mutamenti delle abitudini e dei gusti dell’uomo, prendendo diverse forme: dalla monosala alla multisala, fino ad approdare nelle case di tutti prima con la televisione, poi con la modalità schermi multipli delle piattaforme digitali. Insomma possiamo quindi affermare che la sala cinematografica, in tutte le sue più ampie sfumature, possa essere considerata molto di più di un semplice luogo di proiezione. Essa si trasforma di fatto in uno strumento di riqualificazione del territorio, divenendo un punto di
riferimento e di ritrovo per la comunità sociale, così come diviene nel tempo un ottimo strumento di monitoraggio della distribuzione cinematografica. Il primo grande cambiamento della struttura delle sale avviene nel primo decennio successivo alla fine della Seconda guerra mondiale in concomitanza con il rapido sviluppo economico degli anni Cinquanta. Decennio in cui, mentre in Europa si sviluppano le libertarie “nuove onde” del cinema, la società vive con stupore l’avvento del consumismo e del nuovo promettente capitalismo; ed è proprio seguendo queste due opposte direzioni che si sviluppano i nuovi modelli delle sale cinematografiche.
Nel 1960 a Roma viene aperta la sala cinematografica Quirinetta, il primo cinema d’Essai in Italia, seguito dal Cinema Centrale di Milano e il Nuovo Romano di Torino.
Negli anni Sessanta, infatti, in Italia, con la nascita della “politica degli autori”, si diffondono i Cinema d’Essai in risposta alla necessità di proporre al nuovo pubblico critico un “cinema di qualità” a prescindere dalla programmazione mainstream. Il concetto di Cine d'art et d'essai, letteralmente Cinema d’arte e di sperimentazione, trova però le sue origini in Francia già negli anni Quaranta, con la volontà di presentare un cartellone alternativo a quello commerciale della grande distribuzione, composto quindi da pellicole avanguardiste rivolte ad un pubblico culturalmente “educato”, che un’esperienza più consapevole e critica, resa possibile attraverso una politica di presentazione e valorizzazione della pellicola, proiettata in lingua originale sottotitolata. Parallelamente alle sale d’essai, si è poi radicato il fenomeno dei circuiti dei cinema cattolici, sale monoschermo situate in piccoli centri urbani, il cui scopo delle programmazioni è culturale e allo stesso tempo sociale, per rendere le proiezioni di qualità motivo di incontro fra persone che vivono nello stesso luogo.
Il 29 agosto del 1957 fu inaugurato il primo drive-in italiano, Il Metro drive-in di Roma, oggi dismesso. Il quale, nonostante fosse nato con l’iniziale finalità di attirare i turisti di ritorno dalla vicina spiaggia del Lido di Ostia, divenne il drive-in più grande d’Europa, con la sua superficie di 60000 metri quadrati con una capienza si 750 automobili. Il primo film ad esservi proiettato fu “La nonna Sabella” di Dino Risi.
Dall’altro lato, simbolo della ribellione degli anni Cinquanta e del boom automobilistico degli Stati Uniti, si sviluppa il fenomeno del drive-in, il quale costituisce un’innovativa e stravagante forma di cinema all’aperto. Popolarissimo tra i giovani, il drive-in esplode di fatto come nuova modalità di consumo cinematografico per affrontare la crisi degli incassi delle sale tradizionali, ispirandosi alla sempre più diffusa modalità di servizio dei fast food. Questa nuova forma di fruizione permetteva di fatto al pubblico di trovarsi in un contesto nuovo rispetto ai consueti spazi, poiché poteva assistere la proiezione godendosi la privacy dalla propria auto , dotata di manopole per regolare il volume e per scegliere di ascoltare il film in lingua originale o doppiato. In pochi anni si assiste alla sua ascesa e al suo declino a causa delle radicali diversità nelle pratiche sociali, nei costumi e nelle dinamiche interne al mercato cinematografico. Di recente il cinema per automobili è stato riproposto per svolgere prevalentemente attività stagionali, in
particolare durante il periodo del Covid-19.
Legato a questo fenomeno recentemente si è iniziato a diffondere anche quello del Drive-in boat, in quanto il maxischermo, su cui viene proiettato il film è visibile anche dalle barche ancorate in mare.
Il più sconvolgente dei cambiamenti avviene però alla fine degli anni Settanta negli Stati Uniti con la nascita dei cinema multisala. Questo si configura come una struttura in grado di ospitare dai 2 ai 30 schermi, progettata per permettere agli esercenti di offrire una più ampia programmazione e quindi capace di aumentare la possibilità di scelta dello spettatore, offrendogli più proiezioni contemporaneamente. Oggi i multisala costituiscono la categoria predominante di sala cinematografica nel mondo, grazie agli importanti box office raggiunti attraverso una politica che predilige la proiezione di film blockbuster, come le saga Avangers. All’interno dell’ampia categoria del multisala si possono distinguere due differenti strutture di cinema a seconda del numero degli schermi. I multiplex, sono teatri cinematografici che presentano fino ad otto sale, inizialmente collocati nelle vicinanze di strutture ad alta percorrenza nelle aree periferiche, e oggi spesso costruiti ex novo in prossimità, o all’interno, di grandi complessi commerciali affiancati da altri tipi di locali secondari (ristoranti, bar, locali..), per riqualificare zone urbane destinate a fini industriali in quartieri commerciali. I megaplex sono invece dotati di 16 o più schermi e si trovano spesso in zone periferiche e integrati con più forme di intrattenimento.
Il concetto di sala cinematografica cambia però radicalmente con l’avvento del cosiddetto mercato secondario, costituito da quei canali alternativi all’esercizio cinematografico che si possono usufruire nello spazio privato della propria casa. A cambiare, infatti, le sorti delle sale è la “possibilità di vedere a distanza” (dal greco tele = a distanza e dal latino video = vedo), capacità che già aveva iniziato a presentarsi dai primi anni Trenta quando, nel Regno Unito, negli Stati Uniti ed Unione sovietica, inizia ad essere commercializzata la televisione meccanica di Baird (1928), all’epoca niente più che una radio con l’aggiunta di un schermo dalle dimensioni di uno specchietto da toilette per signore, capace di riprodurre immagini in movimento. L’evoluzione del mezzo televisivo è velocissima: nel 1934 viene introdotto in Germania il televisore a tubo catodico, tra il 1950 e il 1975, dopo la televisione via etere, approda nelle case di tutti la televisione via cavo, il mezzo di comunicazione di massa più diffuso, grazie alla sua praticità d’uso e al basso costo. Il televisore continua poi ad evolversi: negli anni Sessanta arrivano i primi schermi a colori, che si allargano sempre di più migliorando la qualità dell’immagine che si avvicinava a quella cinematografica, così come migliora la qualità dell’audio, grazie all’apporto di uno o più altoparlanti per la diffusione del suono nell’ambiente. Negli anni Ottanta poi, con l’arrivo del telecomando il consumatore può cambiare canale a suo piacimento rimanendo comodamente seduto sul divano.
L’esponenziale diffusione del mezzo televisivo e del suo continuo miglioramento della tecnica e dei palinsesti, non a caso, corrisponde, nei decenni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale, alla crisi dell’industria cinematografica. La televisione si impose negli Stati Uniti, e in seguito in Europa, come medium dominante in relazione alle altre possibilità di intrattenimento, determinando una costante richiesta da parte dei consumatori e una conseguente diminuzione dei biglietti venduti ai botteghini. Inizialmente il periodo che intercorreva tra l’uscita in sala e il consumo televisivo corrispondeva mediamente a sette o otto anni. In certi paesi, come ad esempio in Italia, per alcuni anni le emittenti locali attinsero in modo incontrollato ai magazzini delle sale, a causa dell’assenza di regole definite, svolgendo paradossalmente un’azione positiva grazie alla loro capacità divulgativa nei confronti delle masse di spettatori, danneggiando tuttavia i produttori e i distributori. Negli anni Ottanta e Novanta però si determinò l’estensione del mercato dei diritti televisivi, accorciando l’intervallo di tempo dall’uscita nei cinema a quarantadue-trentadue mesi oppure perfino a diciotto-dodici mesi per la televisione a pagamento.
Il 3 gennaio 1954 dagli studi Rai di Torino, cominciarono le prime trasmissioni televisiva in Italia, originariamente prettamente informative ed educative con una piccola parte di intrattenimento. Nel 1957 arrivano i dieci minuti di pubblicità del Carosello. lo stesso anno gli abbonati sono 24.000. Nel 1965 sono già 6 milioni.
Dagli anni settanta poi la televisione vien affiancata dall’Home Video, che trasforma profondamente il consumo filmico nelle tempistiche e nelle modalità, contribuendo ad un ulteriore calo dell’affluenza nelle sale. L’home video si identifica inizialmente con le video cassette, che divennero presto il supporto audiovisivo più diffuso in tutto il mondo grazie all’introduzione del videoregistratore compatto Betamax della Sony (1975) e del VHS, video home system, distribuito dalla JVC (1976). La video cassetta rappresenta una rivoluzione perché permette al consumatore di noleggiare, presso le videoteche, o addirittura acquistare copie di film usciti nelle sale (soggette a copyright), dando quindi la possibilità di poterli riguardare da casa o vederli per la prima volta senza la necessità di recarsi nelle sale.
Tanto rapida è però la diffusione della videocassetta, così come la sua decadenza. Dopo solo vent’anni dalla sua invenzione, il video registratore viene sostituito dal lettore DVD, digital video disc, che fin dal suo lancio sul mercato nel 1997 ha un enorme successo. Infatti i DVD permettono non solo la fruizione di film in diverse lingue sottotitolate, ma presentano anche la possibilità di selezionare le scene frame by frame, contenuti extra come riprese nel backstage, scene inedite, interviste e commenti audio degli operatori coinvolti nella produzione del film. Inoltre Con l’upgrade degli HD DVD del 2003 e del Blu-Ray Disc del 2006, la pratica del noleggio si riduce fortemente, sostituita da grandi numeri di acquisti che portano in molti casi alla creazione di vere e proprie cineteche private.
Possiamo quindi affermare che l’home video, offrendo al consumatore la possibilità di gestire liberamente il tempo da dedicare alla visione di un film, diventa, nei decenni a cavallo tra il XX e del XXI secolo, l’alternativa migliore alla programmazione in sala e alla pianificazione televisiva.
Oggi L’home video però ci sembra quasi preistoria. Ormai le serie tv, i film e i documentari li reperiamo in streaming oppure sulle piattaforme di distribuzione online a pagamento. È infatti impossibile rimanere al passo con le mode se non si è abbonati ad almeno una delle dozzine di piattaforme online: Netflix (2007), Amazon Prime Video (2006), Hulu (2007), RaiPlay (2007), Mubi (2007), Google Play (2008), Timvision (2009), Now Tv (2012), Disney+ (2019). Ma a dare il via alla diffusione di tutte queste piattaforme è stato proprio il fenomeno Netflix. Nato nel 1997 a Los Gatos (California) dall’idea dell’ingegnere informatico Reed Hastings, Netflix si configura inizialmente come servizio di noleggio di DVD, VHS e videogiochi. Una volta decollata con la formula ad abbonamento mensile senza limiti, nel febbraio 2007, l’invenzione di Hastings si amplia aggiungendo una piattaforma per lo streaming video con modalità di abbonamento mensile. Ed è così che Netflix, per la prima volta, porta online la vastità di un vero e proprio cartellone cinematografico, rendendo possibile per gli abbonati guardare tutti i film e tutte le serie che si desidera senza alcun limite. È geniale: nel 2011 solo negli USA Netflix registra oltre venticinque milioni di utenti, lo stesso anno la piattaforma arriva in America Latina, nel 2012 in Gran Bretagna e in seguito in quasi tutti i paesi dell’Unione Europea. Nel 2015 poi arriva in Italia. Ad aprile 2020 Netflix è arrivata a circa 180 milioni di abbonati nel mondo.
Non possiamo che definire questo fenomeno come una rivoluzione dell’ entertainment, l’inizio di un’ epoca dove ormai una sala proiezione può essere ricreata ovunque, in cui i film in uscita nelle sale escono in contemporanea su piattaforme streaming o addirittura direttamente su queste ultime bypassando i cinema; in cui i distributori diventanti produttori; dove insomma andare al cinema diventa un’esperienza sempre più unica per molti e rimane un gesto sacro per i pochi fedeli che ancora non riescono fare a meno dell’esperienza magica di una proiezione in sala.